Paranoie

Francesco Hayez, Pensiero Malinconico, 1842

Dammi il calore di un contatto nel buio

Linea 77, “Vertigine”

Come si resiste?
Come si fa a resistere al peso dei fallimenti? Ci si butta a capofitto in un qualcosa per sperare di ottenere una soddisfazione, anche piccola, ma puntualmente ti ritrovi a raccogliere i tuoi pezzi, sparsi sull’asfalto, dopo l’ennesimo schianto contro un palo, un muro, un guardrail. E intanto tutti gli altri ti sorpassano, ti sfrecciano d’avanti, e tu li guardi in lontananza saltare sul podio e stappare lo spumante, bagnando chiunque vi sia intorno a loro a festeggiarli. E mentre loro stanno già risistemando dopo la festa, pronti a inseguire il loro prossimo successo, tu sei ancora fermo a guardare con i tuoi cocci in mano. Eppure lo sai che stare fermo non ti porterà a nulla, ma rimani lo stesso immobile nella tua decadenza. Tanto a cosa servirebbe muoversi? Per ritrovarsi a raccogliere altri frammenti di un altro fallimento? No, grazie, passo.
Già, passi. Hai trascorso la vita a passare, a lasciar sfuggire via ogni piccola occasione, perché tanto non saresti mai riuscito a sfruttarla. Eppure non hai vissuto passivamente la vita, ci hai provato ad andare avanti, ma non si sa per quale motivo, ogni volta qualcosa ti ha sempre impedito di raggiungere ciò che volevi. E quel qualcosa eri tu, ne sei cosciente, ma non sai come.
Hai anche provato a chiedere aiuto, ad amici, parenti, professionisti. Ma ogni volta che aprivi bocca, era come se loro non riuscissero a comprenderti. Tu dicevi “sto male, non so come fare” e loro nella migliore delle ipotesi ti rispondevano “sei troppo esagerato, vedrai che andrà tutto bene”. Si ma come andrà bene? Ditemelo, perché io non lo so proprio. Avresti voluto gridarglielo in faccia, ma non lo hai mai fatto. Perché appena li guardavi, leggevi subito nei loro occhi che avrebbero voluto essere da tutt’altra parte piuttosto che stare lì a sorbirsi le tue paranoie. Perché alla fine questo sono per loro, paranoie. Ma non lo fanno con cattiveria, semplicemente non comprendono il tuo stato d’animo, o sei tu che non riesci a trasmetterglielo.
Ti senti come Janna Bossier nel video di Vermillion, quando è nella stazione e cerca disperatamente un contatto umano che l’aiuti a sopportare il suo dolore, ma si muove su un piano troppo differente rispetto gli altri, per riuscire anche solo a sfiorarli. È come se vivessi in un altro piano di realtà, come se il tuo mondo interiore fosse totalmente incompatibile con quello degli altri. Non riescono a capirti, non riescono ad aiutarti. D’altronde come potrebbero capirti, quando neanche tu riesci a farlo?
E nella notte ti senti freddo, guardando il soffitto perso nel gelo della solitudine.
Quindi, come si fa a resistere? Quando hai solo interazioni superficiali con gli altri, quando non riesci a portare a termine i progetti che ti sei fissato, quando ti guardi allo specchio e a mala pena ti riconosci, e ciò che riconosci ti fa schifo, come si fa a resistere?
Ti sei fatto questa domanda anche questo pomeriggio, mentre fumavi una sigaretta sul terrazzino di casa tua. Tra una boccata e l’altra cercavi disperatamente una risposta. Più ti sforzavi, più capivi che non c’era. Hai spento la sigaretta, e con tranquillità hai colto l’unica chance che avresti dovuto passare come le altre.
Se solo avessi sentito un po’ di calore.