Il Matto

L’Uomo Cane – Murales di Collettivo FX, progetto “Il Matto del Villaggio”. Mazara del Vallo (TP).

Torino, 16 dicembre 2010, ore 22:46, Teatro Colosseo.
Si spalanca la porta e appare di nuovo l’attore che recitava la parte del matto, ha una barba nerissima e ispida, una grande pancia, ha una aria austera, porta una borsa.
SIGNORE CON BARBA – Disturbo?… è qui l’ufficio del commissario… della prima sezione politica?
CORO- Ancora tu!
QUESTORE – Ma non s’era sfracellato…?
AGENTE – Ma che è un gatto?
BERTOZZO – S’è messo la barba finta e anche la pancia… s’è imbottito!
COMMISSARIO – Stavolta te la strappo e te la faccio mangiare.
(Lo aggrediscono trascinandosi dietro l’intero attaccapanni).
SIGNORE CON BARBA – (Urlando) Per dio!!! ma che maniere son queste!!! (E li scaraventa letteralmente contro la parete di destra).
COMMISSARIO – Ma non è finta!!! A meno che non si sia trapiantato tutti i peli uno per uno!
BERTOZZO – Certo, anche la pancia è vera!
QUESTORE – Ci scusi, ma l’avevamo scambiata per un altro… ci assomiglia tanto!
SIGNORE CON BARBA – Ma dico! È una vostra consuetudine, questa, di strappare ciocche di barba e di dare pizzicotti sul ventre a tutti i giudici che vengono per un’inchiesta?
COMMISSARIO – Giudice per un’inchiesta?
QUESTORE – Lei è giudice?
SIGNORE CON BARBA – Sì, che c’è di tanto sconvolgente? Giudice del consiglio superiore, mi chiamo: Antonio Garassinti e sono qui per riaprire un’inchiesta sulla morte dell’anarchico… Vi dispiace se cominciamo subito?
(Si siede, estrae dalla borsa un sacco di incartamenti).
(Tutti e quattro i poliziotti si lasciano cadere seduti a terra, ribaltando naturalmente l’attaccapanni al quale continuano a restare appesi).
CORO – Sì, sì… cominciamo subito!

Buio, stacco musicale. Fine della farsa.

 

Il sipario scende veloce sulla scena, le luci si accendono sulla platea. Il pubblico inizia ad applaudire sonoramente, con vigore. Il sipario si riapre e una nuova ondata di applausi accoglie gli attori.
“E un’altra serata si è conclusa. Quando decisi di fare l’attore non credevo fosse così stancante; ho appena ventisei anni ma me ne sento cinquanta! … Oh no, vi prego, l’inchino no … ahi … ahi, ahi! La mia povera schiena!”.
Il sipario si richiude di nuovo e stavolta per sempre, almeno fino alla sera successiva, quando la compagnia teatrale “La Locomotiva” rimetterà in atto per la quarta volta consecutiva “Morte Accidentale di un Anarchico” di Dario Fo.
<<Oh, Andrea! Andrea!>> grida un ragazzetto tutto accalorato e affaticato dalla corsa appena compiuta.
“Oddio, ci mancava solo lui. Prima la schiena e adesso Marco! Mi signur! Che poi non sarebbe male come ragazzo, se non fosse per quel piccolo particolare che vuole farsi mia sorella!”
<<Marco! Ciao! Che ci fai qui?>>
<<Ma come cosa ci faccio qui! Sono venuto a vederti, mi sembra ovvio. Sei stato fantastico! Non ho mai visto qualcuno interpretare il Matto meglio di te!>>
“Ruffiano …”
<<Veramente, sei stato straordinario, l’hai interpretato esattamente come se l’era immaginato Dario Fo!>>
“Inizio ad avere dei dubbi che sia mia sorella l’oggetto dei suoi desideri …”
<<Ehm, grazie. Grazie, davvero, ma ora scusami, devo andarmi a cambiare e a farmi una doccia>>
<<Oh, tranquillo, non preoccuparti; ci vediamo domani. Ciao!>>
<<Sisi. Ciao!>>.

Andrea entra con passo lento e stanco nel suo piccolo camerino. Appena vede la poltrona vi si dirige e si lascia andare con tutto il suo peso su di essa. “Per fortuna domani è l’ultima messa in scena”. Dopo dieci minuti di riposo, Andrea si alza e si dirige verso il lavandino, apre l’acqua e beve. “Uff … è calda!”. Ingoia due sorsi e poi inizia a lavarsi via il trucco di scena.
Si sfrega energicamente la faccia con le mani, solleva la testa, si guarda allo specchio e …
<< AAAH!>> grida spaventato. Si gira di scatto.
<<CHI CAVOLO SEI!>> impreca.
Sulla poltrona è seduto un uomo, sulla ventina, capelli neri, corti, occhi neri anch’essi. E’ identico ad Andrea, solo una cosa li distingue: gli abiti. Andrea ha ancora il costume di Antonio Garassinti, mentre lo sconosciuto è vestito da il Matto.
<<Rilassati! Come fai a non riconoscermi, sono il Matto!>>
“Ok, forse non è stata una buona idea fermarmi al bar prima dello spettacolo!”
<<Senti non so chi tu sia, ma questo scherzo non mi piace!>>
<<Non è uno scherzo …>>
<<Perché sei qui?>>
<<Non ne ho la più pallida idea, sei tu che mi hai chiamato.>>
<<Non dire cavolate! Io non ho chiamato proprio nessuno!>>
<<Ah no? E allora chi è stato ad interpretarmi per tre notti di fila?>>
<<Io, ma …>>
<<E allora lo vedi che sei stato tu ad evocarmi? Dimmi, cos’è che ti turba?>>
“Sono non poco confuso. Sta accadendo veramente? E tutto vero? E adesso che faccio?”
<<Ehm … beh … non c’è niente che mi turba particolarmente …>>
<<E dai! Smettila di fare lo gnorri! Sai come funziona il rituale dell’attore!>>
<<Il rituale dell’attore?>>
<<Non mi dire che … Uff! Il rituale dell’attore è un’antica pratica che consentiva all’artista di immedesimarsi meglio nel personaggio. Col passare degli anni, però, il rituale si è modificato ed adesso ha lo scopo di risolvergli i problemi. Se un attore con un problema al livello inconscio, interpreta per tre volte di fila un personaggio il quale ha un qualche legame con il suo problema … voilà! Esso si materializza. Ma veniamo a noi, cos’è che ti turba?>>
<<Se è a livello inconscio, come faccio a saperlo!>>
<<Puff! Possibile che debba fare tutto io? Su, dimmi, chi sono io?>>
<<Il matto?>>
<<Esatto; e qual è il mio ruolo?>>
<<Beh, sei colui che alla fine svela l’insabbiamento della polizia sulla morte dell’anarchico. Il personaggio apparentemente fuori dalla realtà, ma che in pratica è l’unico che riesce a vedere la verità>>
<<Esatto! Adesso hai tutti gli elementi per capire cos’è che ti turba!>>
“Questo qui è un folle! Un matto appunto!”

Il tempo va avanti senza sosta e Andrea è lì, immobile a pensare quale sia il suo problema più remoto. Di fronte a lui il Matto lo osserva e attende. All’improvviso …
<<Ci sono! Forse ho capito! In effetti era qualcosa che mi portavo dentro da un po’ …>>
<<Dimmi tutto>>
<<Come si fa a distinguere la realtà dalla finzione?>>
<<Però! Come mai questa domanda?>>
<<Vedi, ormai non so più a chi e a cosa credere. Vivo in un paese dove la verità è offuscata da milioni di bugie e non si riesce più a distinguere un raggio di sole dal fascio di un riflettore. Per questo voglio sapere se è possibile distinguere realtà da inganno, e se sì come. Tu puoi aiutarmi?>>
<<Certo. Quando vedi un palcoscenico è di sicuro una finzione, uno spettacolo, una messa in scena.>>
<<Puoi spiegarti meglio?>>
<<Vedi, quando ti trovi di fronte ad una situazione ben ingegnata, ben costruita, con delle forzature usate per far tornare i conti, effetti speciali strabilianti e attori privi di spontaneità, troppo accademici, che recitano la stessa battuta per tutto il tempo, come una litania, al solo fine di fartela entrare in testa e convincerti che quello sia il solo modo di recitare la storia, quella è finzione!>>
<<Ma una volta scoperto l’inganno, come faccio a scoprire la verità?>>
<<Beh, ci sarà sempre una compagnia teatrale alternativa, che magari recita per strada, senza un palcoscenico, senza un copione, improvvisando …>>
<<Ma non è sempre una recita? Qualcosa comunque di finto?>>
<<Sì. Ma tu non devi sempre prendere alla lettera quello che vedi e che ascolti. La verità non si manifesta quasi mai nella sua forma reale. Devi essere in grado di rielaborare i dati che immagazzini, ascoltare tutte le interpretazione della stessa opera. In questo modo troverai degli elementi comuni, anche dei dettagli insignificanti e dovrai partire da quei dettagli in comune, perche quelli sono di sicuro veri>>
<<Ma che cosa intendi dire che devo partire da quelli?>>
<<Che devi ricercare la verità partendo da quegli elementi! Perché alla verità si arriva solamente dopo un lavoro di ricerca! Per questo molte persone preferiscono la menzogna, perché è lì, a portata di mano, non devi far fatica per trovarla. E poi ci sono molte persone che tentano di nascondere la verità, di oscurarla, di infangarla, come nel mio caso, ed è anche per questo che devi cercarla e ricercarla finché non l’hai trovata, per poterla rendere limpida! Insomma te la devi guadagnare, non devi mai accontentarti; devi avere la forza e il coraggio di mettere in moto il processo che serve a farla venire a galla … dimmi un po’, tu ce l’hai il coraggio?>>
<<Non … non lo so … ma, quello che hai detto, è vero?>>
<<Sta a te scoprirlo, d’altronde sono solo un matto … ce l’hai il coraggio?>>.

Buio. Fine della farsa.